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Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/534

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510 illustri italiani

alla costituzione civile, ai vescovi che ribellavansi al papa egli aveva indirizzato una Risposta ai quesiti sullo stato della Chiesa in Francia, propugnando i decreti dell’Assemblea Costituente. Al mutar dunque delle cose egli aderì ai nuovi governanti; e mostrò loro altrettanta devozione quanta agli antichi padroni. Ciò si chiamava civismo allora, italianità adesso.

Ma ben presto le armi che aveano portato la repubblica militare e l’empietà, portarono il despotismo militare e una reazione che diceano religione. Il popolo che, come ad ogni novità, dapprima aveva applaudito alle coccarde tricolori, al berretto rosso, agli alberi della libertà, alle municipalità, con altrettanto fervore e senno gli esecrò, e insorse contro i democratici con una ferocia da mai non aspettarsi in contrade che si qualificano gentili. In Firenze assalse il Ricci, e a fatica il Governo costituitosi lo sottrasse dal furore plebeo col farlo arrestare. — Sessagenario (egli si duole) fu tradotto come un vil malfattore per mezzo de’ sbirri a piedi, in una sera di piena illuminazione e per le strade le più popolate, alle pubbliche carceri», benchè egli si fosse sempre «fatto un pregio di distinguersi per il particolare attaccamento alla Casa d’Austria, e in ispecial modo ai sovrani che hanno governato la Toscana».

E dal carcere, poi da San Marco, infine da una villa in cui fu relegato scrisse varie lettere all’arcivescovo di Firenze, facendo atto d’intera sommessione. — Il Signore mi fece grazia di eccitare nell’animo mio una maggiore e filiale tenerezza verso il papa. Avrei ben di cuore desiderato di presentarmi ad esso quando era in Certosa per confessargli questi miei sinceri sentimenti e la parte che io prendeva alle di lui afflizioni; ma io non potea farlo senza il permesso del Governo». E soggiunge la più ampia professione di fede. Anche al papa che, strascinato fuor di Roma e a fatica ricevuto alla Certosa di Firenze, alfine era messo prigioniero a Valenza, scrisse il 1.° agosto del 99.

Erano i tempi, sempre sciagurati, della riazione; ma presto il ritorno dei Francesi nella Cisalpina e la battaglia di Marengo avvicendarono i tremanti e i minacciosi. Allora il Ricci, al 24 novembre 1800, al Pamieri in lunga lettera segretissima diceva ciò tutto avere scritto per violenza, per sottrarsi alle persecuzioni: «tra gli spaventi di morte e i più ignominiosi trattamenti mi obbligò l’arcivescovo a far una lettera a Pio VI, in cui protestava la mia orto-