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100 | illustri italiani |
della versione in prosa del Cesarotti. Allora il Monti vi s’incalorì, e volgarizzò l’intero poema.
I dubbj del Vico non erano conosciuti, perchè Vico è italiano. Quelli del Wolff intorno all’esistenza o alla duplicità di Omero leggeansi esposti e discussi dal Cesarotti, con erudizione d’imprestito; e librate le vicende di quella guerra, di cui il ratto d’Elena fu il pretesto, e motivo vero la libera navigazione dell’Egeo; come ai dì nostri il paletot di Menzikoff fu pretesto a un’altra, che tendeva egualmente a render libero il mar Nero. E a Troja venne costituito quel legame di federazione tra i popoletti della Grecia, che li rese potenti a respingere la Persia, e valenti a primeggiare in tutte le arti, finchè i Macedoni vollero l’unità e il regno forte, pel quale poco dopo cascavano in irreparabile servitù dei Romani.
Di tutto ciò il Monti non si brigava, ma soltanto del bello, di quella lucidità di pensiero, di quella purezza di stile, di quella leggiadria di forme, spoglia dei gingilli delle età di decadenza; di quella calma nel racconto e verità ne’ particolari; di quel dir tutto naturalmente, con facilità graziosa, con finezza senza oscurità, con leggerezza amabile anche nelle cose gravi.
O come il Monti non s’accorse che a questo appunto miravano i romantici italiani, quando voleano revocare la letteratura, non dai classici, bensì dai loro contraffattori, i quali falsavano l’antichità letteraria come l’antichità artistica falsavano i pretesi architetti greci e romani del Cinque e del Seicento?
E come essi romantici voleano richiamar al vero e al sentimento, così il poeta meonio cantava le credenze, la civiltà, i modi dell’età sua e della sua nazione, accoppiando il vero col poetico, il sublime col semplice. Non cantore sacerdotale a guisa di Orfeo e de’ mistagogi; non teogonico a guisa d’Esiodo, parla degli Dei non altrimenti che degli eroi, fissandosi al culto esteriore, alle forme, non al senso mistico; se Giunone si mesce a Giove, se ella è sospesa alla volta del cielo con incudini ai piedi, se Vulcano è lanciato dall’Olimpo, Omero li canta senza sospettarvi simboli; fa gli Dei mistura di bene e di male: la morale rabbrividisca pure ad atti e passioni indegne, la poetica n’è giovata più che dalla monotonia della perfezione: si discosti pure dal sentire, dalle costumanze, dalle leggi, dai canoni dell’onor nostro; vive però d’immortal giovinezza in grazia dei sentimenti; poichè il linguaggio della natura è il filo elettrico delle anime traverso allo spazio e al tempo.