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174 illustri italiani

cettando nel suo Dizionario parecchi vocaboli registrati nell’Appendice del Bergantini, mai nol citò. L’Alberti non tolse quei vocaboli al Bergantini, ma li tolse alla Crusca, che nella mentovata edizione di Venezia gli avea già ricevuti entro il suo seno. Che se fuori di quell’edizione alcun altro se ne riscontra che, portato prima dal Bergantini, sia stato poscia raccolto pur dall’Alberti, ciò devesi attribuire ad incontro fortuito della stessa voce; avendo egli, come protestasi, rispigolato i campi mietuti dagli Accademici della Crusca, e ricercatine ancora di nuovi, in cui essi non avean messa la falce. Dopo la quale intesa, non sembra liberale giudizio il recargli a rubamento ciò che è frutto del proprio suo sudore.

“Lontana dal giusto è parimente l’accusa dell’aver egli trascurato di citare l’autore da cui trae gli esempj delle parole. Nella ben ragionata e, veramente bellissima prefazione al suo Dizionario, p. xiv, seconda parte, l’Alberti si esprime di questo modo: Il primo fonte a cui ho attinto, e che ho interamente esausto per arricchirne il mio Dizionario, è il Vocabolario della Crusca: in guisa che per tutte le voci e modi in niuna guisa particolarmente contrassegnati, sempre intender si debba ch’essi sono di sua assoluta proprietà. Colla quale protesta l’Alberti, chi ben vede, rende buona ragione dell’aver ommesso di quando in quando le citazioni, e il suo medesimo silenzio diventa prova sicura della classica autorità dell’esempio da lui addotto.

“Più seria e più degna d’essere dileguata si è la terza imputazione di cui lo grava l’osservatore. L’Alberti (dic’egli) non si è curato di citare l’autore, per che forse si è vergognato di nominare un Contuso, un Cagiani, un Forlunio, un Pocaterra, un cardinal De Luca, un Mambrino Roseo, un Scaradino, un Ar delini, un Revillas, ed altri che non hanno grido di purgati scrittori, de’ quali, copiando per lo più le Voci italiane del Bergantini, porta gli esempj.

“Se l’Alberti abbia trasfuso nel suo Dizionario quelle voci dal Bergantini, oppur dalla Crusca, si è veduto. Se l’aver ommesso talvolta le citazioni proceda da sentimento di vergogna, o più presto dal savio divisamente di andar per la breve, e amminuir la noja al lettore, questo pure si è veduto. Sul resto venga innanzi egli stesso, e rimova da sè la brutta colpa che gli v.ien data di portar esempj di autori non approvati. In tale inchiesta (nella ricerca di nuovi vocaboli) io mi protesto che, fuor di quegli scrittori, i quali, a giudizio di tutti, sono purgatissimi reputati, mi sono astenuto di trar fuori alcuna cosa che sia opposta alle regole ornai invariabili della favella, la quale per tal convenente può dirsi fissata.

“È dunque falso del tutto che quel benemerito vocabolarista abbia attinta veruna voce dai Contusi, dai Cagiani, dai Pocaterra, nè da tutta quell’altra ciurma di sciagurati scrittori, nomi tutti cavati dall’indice del Bergantini. Il solo Bergantini ha bevuto a quelle torbide fonti: ed è per questo che la sua material collezione diventa pericolosa, e che il separarvi l’oro dalla mondiglia tornerebbe a maggior fatica che il purgar le stalle d’Augia. L’Alberti che in fatto di lingua aveva miglior odorato del Bergantini, non cita che autori approvati dall’oracolo della Crusca1, e di tutti ei ne

  1. “Basta ricorrere per l’appunto a questi tali indici per dimostrare il contra-