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Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/248

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238 illustri italiani

sparso per noi sulla croce, e distribuito nell’ultima cena sotto l’ombra d’un sacramento augustissimo. Chi s’accosta a questo senza fede nè carità, non credendo che quel corpo del Signore è vita e purgazione di tutti i peccati, fa Gesù Cristo mentitore, calpesta il Figliuolo di Dio, e stima non essere nulla meglio che una cosa comune e terrena il sangue del Testamento, pel quale fu giustificato. E però il Cristiano, quando comincia a dubitare se abbia o no ricevuto il perdono, quando lo rimorde la dubbiosa coscienza, ricorra a questo divino sacramento, che gli assicura il perdono di tutti i misfatti.

«Sant’Agostino costuma chiamare questo divinissimo sacramento vincolo di carità e mistero d’unità, e dice che, chi riceve il mistero dell’unità e non conserva il vincolo della pace, non riceve il mistero per sè, bensì una testimonianza contro di sè. Adunque abbiamo a sapere intendere che il Signore ordinò questo sacramento, non solo per renderci sicuri della remissione dei peccati, ma ancora per infiammarci alla pace, all’unione e carità fraterna. Perocchè in questo sacramento il Signore ci fa partecipare del suo corpo in modo, ch’e’ diviene una cosa medesima con noi, e noi con lui. E com’egli ha un solo corpo del quale ci fa partecipi, così noi, per tale partecipazione, diveniamo un sol corpo fra noi. Questa unione è raffigurata dal pane nel sacramento, formato di molti grani, misti e impastati insieme in guisa, che l’uno non può dall’altro discernersi. Parimenti noi tutti dobbiamo essere congiunti in tale accordo di spirito, che niuna divisione possa insinuarsi tra noi. Adunque, ricevendo la santissima comunione, dobbiamo ritenere nell’animo che tutti siamo incorporati in Cristo, e tutti membri d’un medesimo corpo; membri, dico, di Cristo, in maniera che non possiamo più offendere, nè infamare, nè vilipendere alcuno de’ nostri fratelli, senza offendere, infamare, vilipendere il nostro capo Gesù Cristo; nè tenere discordia con qualunque de’ nostri fratelli, senza essere in opposizione con lui. Così non possiamo amare lui se non amiamo i nostri fratelli. Dobbiamo prepararci al divin sacramento eccitando gli animi nostri ad un amor fervente riguardo al nostro prossimo. Qual maggiore stimolo ad amarci che il vedere Gesù Cristo, non solo col dare sè stesso a noi, allettarci a dare noi stessi per gli altri, ma comunicandosi esso a tutti noi, fare sì che noi diventiamo con lui tutt’una cosa?»

Conchiude raccomandando la comunione frequente, e così la pre-