Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/345

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Vorrebb’essere uno dei più curiosi lavori la critica dei critici e se da noi usassero le conferenze, come ne abbiamo vedute in altri paesi, bel tema vi porgerebbe l’esaminare gli esami che de’ varj scrittori italiani fece Girolamo Tiraboschi. Noi temiamo che la sua riputazione ne scapiterebbe, e se gli rimarrebbe la lode di erudito, mal potrebbesi assicurargli quella di buon critico. Perocchè, accintosi a scrivere la Storia della letteratura italiana, ebbe il senno di non comprendere sotto questo nome soltanto la parte più frivola, come l’intendono i più, cioè l’eloquenza e la forma estetica, ma v’abbracciò l’universo sapere, bastando che uno avesse scritto per credersi egli obbligato a discorrerne e giudicarne. In conseguenza s’aspetterebbe veramente il quadro della coltura italiana dai primordj suoi fino all’età dell’autore; quadro certamente magnifico, dal quale sarebbero risultati e soda gloria alla patria nostra, e una pruova del progresso continuo, malgrado le fermate e le retrocessioni apparenti. Sarebbegli nato anche il dovere di frugare ne’ secoli più oscuri per riconoscervi gli avanzi dell’antica civiltà e i semi della nuova. Avrebbe pure, o spianata la via, o resi superflui i lavori speciali che dopo lui si fecero intorno alle vicende della filosofia, della medicina, delle scienze matematiche, dell’architettura, e via discorrete. Tutto poi avrebbe dovuto essere animato da quella critica, la quale occupasi mentosto dei passi dell’arte, che di riscontrarne i principj colla natura umana e cogli svolgimenti dell’intelletto; non fa colpa al genio delle ineguaglianze, delle bizzarrie, de’ traviamenti; nè tanto applaude all’esattezza e all’impeccabile mediocrità, quanto s’addentra nello spirito dell’autore e dell’età di lui, vivendo con esso e col mondo che lo circonda; e sapendo che l’uomo non è il padrone nè lo