Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/326

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304 illustri italiani


Bollendo sempre l’inimicizia nazionale de’ Francesi contro gli Inglesi, Buonaparte avea divisato di portar guerra a questi in Levante, e giacchè essi aveano occupato il Capo di Buona Speranza, assicurarsi una via più spedita alle Indie col conquistar l’Egitto. I materiali rapiti a Venezia, e tre milioni tolti al tesoro di Berna, gliene offrivano i mezzi: già aveva occupate le isole possedute dai Veneti in Levante, e tanto fece che indusse il Direttorio ad affidargli un esercito; egli fa unirvi una spedizione scientifica; e quella romanzesca spedizione alletta il fior de’ prodi e de’ sapienti. Con tredici vascelli di linea, cui ne unisce due veneti da 64, sei fregate pur venete e otto francesi, settantadue legni minori e quattrocento trasporti con diecimila marinaj e quarantamila soldati, parte senza che alcuno sappia per dove si dirige. Tra via occupa Malta, togliendola all’Ordine militare-religioso de’ Giovanniti (12 giugno 1798); sfugge alla vigilanza della flotta inglesi capitanata da Nelson; giunge ad Alessandria (1 luglio), affronta i Mamelucchi in vista delle Piramidi di Giseh (21 luglio), dicendo al suo esercito: — Quaranta secoli vi guardano dall’alto di queste»; trionfante, non fa cangiamenti inutili nel governo e negli usi, ma proclama: — Io pure venero il profeta; io distrussi l’Ordine ch’era incessante nemico de’ Musulmani; la mia nazione è nemica al capo della religione cristiana»; al Cairo assiste alle feste musulmane, recita le preghiere, edifica colla sua devozione, intanto che gli scienziati raccolgono, disegnano, studiano le antichità, la storia naturale, la geografìa dell’Egitto, che deve a questa spedizione se fu poi noto all’Europa dotta. Ma intanto Nelson batte la sua flotta ad Abukir (1 agosto), sicchè Buonaparte pareva irremissibilmente perduto, e i suoi devoti apponevano taccia al Direttorio d’averlo per gelosia mandato a finir male.


VI.


Quel Direttorio ogni giorno scadeva di credito; governo corrottissimo, dove l’onnipotenza stava nelle belle, come dianzi era stata nei carnefici, e per esse otteneasi onori, posti, impunità di rubare, di affamar gli eserciti, di espilare provincie, di dilapidare il tesoro. Ogni giorno peggiore ne diveniva la posizione, col paese disavvezzo a obbedire, non sicurezza, non giustizia, non denaro, non gloria. La nazione, smaniata di una libertà che non comprendeva, s’era