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24 illustri italiani

e in eleganti versi si risolvono le quistioni più astruse, come la generazione umana e l’accordo fra la preveggenza di Dio e la libertà dell’uomo; le quali non apparivano fin là che nell’ispido involucro dell’argomentazione scolastica1.

Dante opera sul lettore non tanto per quel che esprime, quanto per quel che suggerisce; non tanto per le idee che eccita direttamente, quanto per quelle che in folla vengono associarsi alle prime. Capirlo è impossibile se l’immaginazione del lettore non ajuti quella dell’autore; egli schizza, lasciando che il lettore incarni; dà il motivo, lasciando a questo il trovarvi l’armonia; il quale esercizio della nostra propria attività, ce lo fa sembrare più grande.

Ma egli non è autor da tavolino; fa parere la sua nobiltà scrivendo ciò che vide, laonde, di libero genio, non teme la critica, pecca di gusto, manca della pulitura che richiedono i tempi forbiti; e intese la natura dello stil nuovo che non può reggersi colla indeclinabile dignità degli antichi, ma, come nella società, mette accanto al terribile il ridicolo; donde quel titolo di Commedia2.

Dell’introdurre tante quistioni teologiche e scolastiche nol vorrò difendere io, ma oltrechè è natura de’ poemi primitivi il raccorre e ripetere tutto quanto si sa, se oggi appajono astruse e vane a noi disusati, allora si discuteano alla giornata, ed ogni persona colta aveva parteggiato per l’una o per l’altra, non altrimenti che oggi avvenga delle disquisizioni politiche: sicchè riuscivano usuali e note. Alcune gli sono spiegate da Virgilio o dalle ombre: le più sublimi son riservate a Beatrice, cioè alla teologia.

Il maggior difetto di Dante resterà sempre l’oscurità3. Locu-

  1.                     La contingenza, che fuor del quaderno
                   Della vostra memoria non si stende,
                   Tutta è dipinta nel cospetto eterno.
                        Necessità però quindi non prende
                   Se non come dal viso in che si specchia,
                   Nave che per corrente giù discende.

  2. Nella dedica a Can della Scala vuole che il titolo dell’opera sua sia, Incipit Comædia Dantis Aligherii, fiorentini natione non moribus. E soggiunge: — Io chiamo l’opera mia Commedia: perchè scritta in umile modo, e per aver usato il parlar vulgare, in cui comunicano i loro sensi anche le donnicciole». Ov’è a sapere che, nel Vulgare eloquio, distingue tre stili: tragedia, commedia, elegia.
  3. Il Boccaccio in un sonetto gli fa dire:

                   Dante Alighieri son, Minerva oscura
                        D’intelligenza e d’arte.