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nelle acque profonde 197


delle Torri continuano a costruire vasti palazzi di sogno e giardini di dimensioni sempre crescenti, ma non provano terrore alcuno per la grandezza delle loro creazioni mentali. L’immensità dell’universo diventa materia di soddisfazione piuttosto che di terrore; noi non siamo cittadini d’una città piccola. Noi non abbiamo neanche bisogno di confonderci di fronte alla finitezza dello spazio; noi non proviamo nessuna curiosità per quello che giace al di là delle quattro mura che limitano la nostra visione nel sogno.

Lo stesso è col tempo, che, come lo spazio, dobbiamo pensare di estensione finita. Se noi tracciamo il fluire del tempo all’indietro, noi incontriamo diversi indizi che ci dicono che dopo un lungo viaggio noi dobbiamo far ritorno alle nostre sorgenti, cioè ad un tempo prima del quale l’universo non esisteva. La natura impedisce il moto perpetuo delle macchine ed è a priori molto inverosimile che il suo universo ci fornisca un esempio, in grande scala, del meccanismo che essa ostacola. E uno studio dettagliato della natura conferma questo. La scienza della termodinamica spiega come ogni cosa in natura si trasformi in uno stato finale, per un processo, che è chiamato l’«aumento dell’entropia». L’entropia deve sempre crescere: essa non può fermarsi finchè non è cresciuta tanto che non possa crescere più. Se questo stadio è raggiunto, progressi ulteriori saranno impossibili, e l’universo morirà. Così, a meno che que-