Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/261

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ancora dei rimedii. 247

versa, il contadino cade davvero in piena balìa dei proprietarii, che si trasformano in usurai e prestano una porzione del loro grano per riceverne il doppio alla futura raccolta. E mentre con una mano prestano da giudei, con l’altra fanno l’elemosina con isfarzosa ed avvilente e avara ostentazione. Soleva il Barone del paese nell’inverno, ogni settimana, distribuire due centesimi ad ogni povero che si recasse a questuare alla sua porta!!

Tanti travagli, e l’aria malsana e l’acqua cattiva sono fomiti di febbri, e le febbri di fatto prostrano cotesta popolazione e la annichilano, giacchè nelle malattie la miseria si raddoppia. C’è un ospedale; ma quale schifezza!

Non ci va mai nessuno, ne fuggirebbero anche i cani, perchè peggiore di un canile. Non ci son letti, c’è solo paglia per terra. Ella, Signora, parla giustamente degl’Incurabili, ma dovrebbe vedere l’Ospedale di San Bartolommeo in Galdo! Vi ha un medico pagato dal Comune, esclusivamente per curare i poveri, mi pare con 200 lire l’anno.

Ma non fa altro che ordinare chinino, ed il chinino costa caro e non si può comprare da chi vive così male; epperò le febbri li estenuano e li avviliscono sempre più, finchè la Madonna opera il miracolo di guarirli o di mandarli all’altro mondo; che è meglio per loro; perchè se guariscono, rimangono sempre più soggetti a prendere altre febbri, nonchè agl’ingorghi di milza, e vivono malaticci e deboli. Eppure eglino formano una popolazione di una certa intelligenza e di buonissima indole che meriterebbe