Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/291

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ancora dei rimedii. 277


CAPITOLO NONO.

Conclusione.


Terminando queste pagine, mi tornano in mente parecchie obbiezioni fattemi da persone che non vorrebbero toccata in Italia la questione sociale: dicono che, quand’anche la sofferenza sia intensa quanto noi la dipingiamo, i miseri vi si abituarono così da non accorgersene, e soggiungono che le nostre avvertenze sono inopportune e semenza di discordia. A ciò rispondiamo, che il vedere un sonnambulo sull’orlo di un precipizio e non tentare di salvarlo, sarebbe delitto: che questi miseri per ora non sanno leggere, e nessuna cosa nel loro passato li persuade che anima viva si pigli pensiero di loro.

Per il che gli sforzi di quanti vorrebbero inaugurare uno stato migliore, riduconsi realmente ad un appello a chi sta in alto: al Parlamento per migliorare le leggi oppressive pel povero; al Governo per eseguirle; ai possessori del suolo, ai proprietarii delle case, a chi dà lavoro agli operai ed ai contadini. È un appello alla loro umanità, alla loro giustizia: è anche un avvertimento del pericolo, a cui eglino vanno in contro, non provvedendo tempestivamente.

E se riesce fatto di addolcire la spietata sorte