Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/136

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te ricche nature adolescenti hanno bisogno per esplicarsi con ordine, dello sviluppo completo. Un romanzo che incominciasse con la scena che dà principio al racconto incomincierebbe assai bene. Quel vecchio conte, incollerito contro i reumatismi e la vecchiaia, non è una delle solite figure di padre nobile da commedia: è la vera vecchiaia del libertino, del despota, dell’egoista, arida e amara vecchiezza, più triste ancora di quella della sua vittima: la moglie inebetita dagli spasimi morali procuratile da lui.

Il solo fatto di quei due individui, di quelle due anime così lontane e così barbaramente avvinte dalle leggi umane e naturali, dal matrimonio e dall’infermità, che vivono, cioè respirano sotto lo stesso tetto, nella stessa gran sala, accanto al medesimo vecchio camino, è di un’alta potenza drammatica, di un’eloquenza indicibile. La Gianelli ha portato il suo sassolino all’edificio pericolante ancora del divorzio, forse inconsciamente: ma è una conclusione che si può dedurre, che si deduce dalla logica implacabile dei fatti e... basta.

Un’altra figura ben delineata e viva è quella di Marcella Sanvillari nello stesso Incontro; la figlia dignitosa ed onesta, quasi austera, della madre sgualdrina, antica amante e cattivo genio del conte.

L’incontro è quello di Marcella con Massimo: i figli innocenti. A Massimo dapprima fa orrore il progetto di sposare la figlia della ganza di suo padre che gli renderebbe in dote la sostanza ignominiosamente sottratta alla sua casa impoverita; ma poi, quando conosce la fanciulla, non più giovane nè bella, ma fatta forte e degna dal dolore, se ne innamora nel senso più alto e più nobile della parola, rinunzia alla dote e si sposano, poveri.