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Che bellezza, non è vero? che fragile e preziosa bellezza questa immaginosa visione! Guardiamoci dal determinarla in qualunque modo. Si sciuperebbe. I miraggi non si possono analizzare nè descrivere. I miraggi si adorano, si piangono, in silenzio.

Udite, ancora, poichè non voglio lasciarvi l’adito al dubbio che tutti questi splendori affascinanti non rivestano che parvenze. Il palpito umano c’è, ora gentilissimo ed ora violento, ma sempre d’un’efficacia singolare. Il primo è un Rondò, un gingillo per voi, signorine:

Entro i boschi alti e soli
(era la luna piena)
fluiva in larga vena
canto di rosignoli.
Da ’l triste inno corale
pendeva Ella, in ascolto.
Chino su ’l davanzale,
io pendea da ’l suo volto.
Non i miei lunghi duoli,
non del suo cor la piena
a la notte serena
diceano i rosignoli
entro i boschi alti e soli?

L’altro è un frutto trapiantato da poco nel mio verziere. Appartiene alle «Nuove rime» recentissime, nelle quali la seconda maniera D’Annunziana fa già capolino. Il massimo effetto d’impressione ottenuto con la massima semplicità:

UN RICORDO

Io non sapea qual fosse il mio malore
nè dove andassi. Era uno strano giorno.
Oh il giorno tanto pallido era intorno
pallido tanto che facea stupore.