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Il CAMPANILE DI GIOTTO

— Presso a la Chiesa sorga: e sia l’opera
quale nè i Greci mai la pensarono
nè i padri Romani. Vogliamo
che sia degna di Fiorenza nostra — 1

E tu crescesti, fiore marmoreo,
bel campanile! crescesti candido
scambiando un saluto fraterno
con la torre de la Signoria.

— Io son la forza de la repubblica —
disse la torre da i sassi ruvidi.
Risposer fulgendo i tuoi marmi:
— Noi la luce del pensiero siamo!

Ilare e forte crebbe qui l’animo
de’ fiorentini: crebbe la cupola,
de l’ombra sua grande coprendo
tanta gloria di costumi e d’arte.

E qui, su i marmi, ne’ miti vesperi
posâro un tempo gli avi. Sedeano
raggianti di sotto al cappuccio
l’onestà de la serena fronte;

e in gaie prove già crepitavano
novelle e motti: ma l’arti e i fondachi
orgoglio a la patria vantando,
si accendevan le parole e i volti

d’un santo riso. Su loro, a gli ultimi
raggi del sole, ne la sua gloria
svolgevasi superbamente
il gigliato gonfalone bianco.

Invan le inique schiere si fransero
sotto gli spalti di Michelangelo:
divelti al Marzocco gli artigli
quel ringhioso addormentossi ignaro.

  1. Parole del decreto col quale la Repubblica comandò si facesse il campanile.