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Il conte zio.1

L’invito è cortese, la questione attraente e tentatrice; ma, consapevole della mia pochezza, scendo in lizza timidamente, nascondendomi il più che è possibile all’ombra di quel gran nome, che i vecchi adorano e che tutti i giovani — manzoniani o no — dovrebbero inchinare reverenti.

Intanto rileggendo attentamente quel bellissimo capitolo decimonono dei Promessi Sposi, in cui le qualità più simpatiche dell’autore rifulgono di viva luce, si è tratti subito ad ammirare la magistrale sapienza del Manzoni nel dialogo, tanto per la fine ed ingegnosa condotta alla conclusione, come per la naturalezza inimitabile. Quelle esitazioni, quelle frasi lasciate a mezzo, e non solamente in bocca al Conte Zio, per cui sono una caratteristica, ma pur anche in bocca del padre provinciale, è arte finissima per indurre il lettore a credersi veramente spettatore invisibile dei due interlocutori, che parlano con le esitazioni vere di chi cerca la parola esatta o l’immagine appropriata nel discorso.

  1. Scritto per una specie d’inchiesta aperta dal Fanfulla della Domenica su una pretesa contradizione riscontrata nel carattere del «Conte zio» dei Promessi Sposi.

    N. d. A.