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gli zingari nel modenese 105

alle leggi in modo clamoroso, e questa non e tendenza che sia nell’indole dello Zingaro.

Mancandomi dunque questi appoggi importantissimi, ho cercato di raccogliere notizie in proposito da persone che potessero essere in grado di possederne de visu. Ma non trovai molta accoglienza, purtanto, qualche risposta ottenni. II signor Cav. Alessandro Rebucci, Dottore chimico, dimorante al Cavezzo, ricco Comune del Modenese, così rispondeva ad una mia, il 24 marzo di quest’anno.

’ Zingari?

’ Io non ti posso dire che poche cose. Dalla gente credula si diceva ai tempi della mia fanciullezza, che erano ladri capaci delle piu nere azioni, ed appunto rubavano ragazzi. Io credo che ci6 non fosse che una fiaba: ho visto qualche volta di passaggio di questi che si dicevano Zingari che facevano i calderai, avevano carri coperti e nell’interno donne e bambini luridi straccioni, per solito in comitive di tre o quattro carri, a cui avevano attaccati buonissimi cavalli. Erano ubbidienti al capo e qualche volta questi era una donna, il quale capo non partiva dalla tenda che con un lungo bastone segnale del comando. Erano tipi magri, asciutti, dagli occhi neri, vivaci, capelli corvini abbondanti, eran rissosi. Credevo fossero Italiani e venissero dal Friuli. Ora pero che ci penso, e facile fossero Dalmati e forse anche Montenegrini.’ A proposito di informatori, mi piace notare, che il M.R. Sig.

Don Alfonso Pigioli, Priore di Montegibio, ottantenne, scendeva apposta a Modena per esprimermi il suo interessamento pel mio studio. Mi narro alcune cosucce relative ai Zingari e concludeva che la religione e il governo doveva interessarsi per spegnere tale abbiezione. Qaesto interessamento del modesto vecchio ottuagenario compensa l’indifferenza d’altri.

Pel nostro argomento ha qualche importanza il seguente brano della relazione di un viaggio sull’Appennino Modenese, fatto da Galdino Gardini, il quale nel 1851, x salendo a S. Pellegrino incontro alcuni ruderi ’ e il piano erboso che li circonda era occupato da gente la più nuova; chi distend eva par terra un candido drappo e poneavi sopra in assetto semplice imbandigione, chi dopo il cibo cantava, chi stava sdraiato sotto un albero, come stanco da fatica.

Gente sana e vigorosa al vederla, di vestito bianco e uniforme, con un far disinvolto ed altero. Al nostro approssimarsi udimmo un fischio dopo il quale tutti si alzarono in piedi. La guida li saluto 1 Galdino Gardini: Rimembranze di un Viaggio all’Alpe di S. Pellegrino e al Monte Orientah o Cimone. . . . Bologna, 1852, tip. alla Volpe in-16°, pag. 24.