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110 viaggio al centro della terra


— Al diavolo i tuoi calcoli! replicò mio zio con un movimento di collera; al diavolo le tue ipotesi! chi ti dice che questo corridoio non vada direttamente alla nostra meta? D’altra parte io ho dalla mia un precedente. Ciò ch’io faccio, un altro l’ha fatto, e là dove un altro è riuscito, io riuscirò alla mia volta.

— Così spero; ma infine mi è permesso...

— T’è permesso di tacerti, Axel, quando tu voglia sragionare in tal guisa.»

M’accorsi che il terribile professore minacciava di riapparire sotto la pelle dello zio; a mi tenni per avvisato.

«Ora, soggiunse egli, consulta il manometro; che cosa segna?

— Una pressione enorme.

— Benissimo. Tu vedi che discendendo lentamente, avvezzandoci a poco a poco alla densità dell’atmosfera, noi non ne soffriamo punto.

— Salvo qualche dolore di orecchio.

— Cosa da nulla che tu farai sparire mettendo l’aria esterna in comunicazione rapida coll’aria contenuta nei tuoi polmoni.

— Perfettamente, risposi determinato a non più contraddire mio zio. Vi è persino un vero piacere a sentirsi tuffato in una atmosfera più densa. Avete osservato con quale intensità vi si propaga il suono?

— Senza dubbio, un sordo udrebbe a meraviglia.

— Ma la densità aumenterà certo procedendo oltre.

— Sì, secondo una legge poco determinata. È vero che l’intensità del peso diminuirà mano mano che noi discenderemo; tu sai che è alla superficie della terra che si fa sentire più vivamente, e che al centro del globo gli oggetti non pesano più.

— Lo so; ma ditemi, l’aria non finirà per acquistare la densità dell’acqua?

— Senza dubbio, sotto una pressione di settecento dieci atmosfere.

— E più sotto?

— E più sotto siffatta densità crescerà ancora.

— E in tal caso come faremo a discendere?

— Metteremo ciottoli nelle tasche.

— In fede mia voi avete risposta a tutto.»

Io non osava spingermi più oltre nel campo delle ipotesi, perchè mi sarei ancora imbattuto in qualche impossibilità che avrebbe fatto balzare il professore.