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156 viaggio al centro della terra


— Te lo permetto, Axel.

— E il ritorno?

— Il ritorno? Ah! tu pensi al ritorno prima ancora d’arrivare?

— No, voglio solo domandare in qual modo lo faremo.

— Semplicissimamente, Giunti al centro dello sferoide, o troveremo una nuova strada per risalire alla sua superficie, o ritorneremo da buoni borghesi per la via che abbiamo percorso. Spero che non si chiuderà dietro di noi.

— Quand’è così bisognerà riattare la zattera.

— Necessariamente.

— Ma ci rimangono provvigioni abbastanza per compiere queste grandi imprese?

— Sì. Hans è un giovinotto ingegnoso, ed io sono sicuro che ha posto in salvo gran parte del carico. Andiamo ad accertarcene.»

Lasciammo quella grotta aperta a tutti i venti. Io aveva una speranza che era a un tempo un timore; mi pareva impossibile che l’urto terribile della zattera non avesse annientato tutto il carico. M’ingannavo. Giunto sulla spiaggia, vidi Hans in mezzo a gran numero di oggetti collocati con ordine. Mio zio gli strinse la mano con vivo sentimento di gratitudine. Quell’uomo, affezionato come non si troverebbe forse altro esempio, aveva lavorato mentre noi dormivamo, e tratti alla riva col pericolo della vita gli oggetti più preziosi.

Certo noi avevamo fatto perdite gravi; le nostre armi a mo’ d’esempio; ma dopo tutto potevamo farne di meno. La provvista di polvere era rimasta intatta, dopo aver corso rischio di scoppiare durante l’uragano.

«Ebbene, esclamò il professore, poichè mancano i fucili, tutto il danno sarà che non potremo andare a caccia.

— Sì, ma gl’istrumenti?

— Ecco il manometro, che è il più utile, e per il quale avrei dato tutti gli altri! Con esso posso calcolare la profondità e sapere quando avremo raggiunto il centro. Senza di esso, rischieremmo di andare al di là e di venir fuori dagli antipodi!».

Siffatta allegria era ferocia.

«Ma la bussola? chiesi.

— Eccola, sovra questa roccia, in ottimo stato, e così pure il cronometro e i termometri. Il cacciatore è uomo prezioso!»