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158 viaggio al centro della terra

l’onore di aver battezzato col tuo nome la prima isola scoperta nel centro della massa terrestre.

— E sia pure. All’Isola Axel, noi avevamo percorso non meno di dugento ottanta leghe di mare, e ci trovavamo a più di seicento leghe dall’Islanda.

— Bene! Moviamo da questo punto e contiamo quattro giorni d’uragano, durante i quali la velocità della nostra corsa non fu certo inferiore a ottanta leghe ogni ventiquattro ore.

— Lo credo. Converrebbe adunque aggiungere altre trecento leghe.

— Appunto; onde il mare Lidenbrock avrebbe circa seicento leghe da una riva all’altra! Non sai, Axel, che può gareggiare di grandezza col Mediterraneo?

— Sopratutto se non l’abbiamo attraversato che in larghezza!

— Il che è possibilissimo!

— E, cosa curiosa, aggiunsi, se i nostri calcoli sono esatti, abbiamo ora questo Mediterraneo sulla testa!

— Davvero?

— Davvero, perchè siamo a novecento leghe da Reykjawik!

— Una bella camminata, giovinotto mio, ma non possiamo dire di trovarci piuttosto sotto il Mediterraneo che sotto la Turchia o sotto l’Atlantico, se non siamo certi di non aver deviato?

— Il vento pareva costante; credo dunque che questa riva debba essere posta a sud-est del porto Graüben.

— È facile assicurarcene consultando la bussola. Consultiamo la bussola!»

Il professore si diresse verso lo scoglio sul quale Hans aveva deposto gli strumenti. Era gajo, allegro, si fregava le mani, si pavoneggiava? Pareva un giovinotto! Io lo seguii, curioso di sapere se non m’ingannassi nel mio calcolo.

Giunto allo scoglio, mio zio prese la bussola, la pose orizzontalmente e osservò l’ago, che dopo aver oscillato si arrestò in una posizione fissa sotto l’influenza magnetica.

Mio zio guardò, si stropicciò gli occhi e guardò ancora, in fine si rivolse verso di me stupefatto.

«Che cosa c’è?» domandai.

Mi fe’ segno d’esaminare lo strumento. Un’esclamazione di meraviglia mi uscì dalle labbra. L’ago indicava il nord