Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/49

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viaggio al centro della terra 41

ch’io sopportai con sufficiente disinvoltura le prove del mare, e che mio zio, a suo gran dispetto ed a sua maggiore vergogna, non cessò un istante d’essere ammalato.

Egli non potè perciò interrogare il capitano Bjarne circa lo Sneffels, i mezzi di comunicazione e le facilità di trasporto, e dovette differire siffatte spiegazioni al suo arrivo, passando intanto tutto il suo tempo steso nella cabina, i cui tramezzi scricchiolavano ad ogni barcollamento della nave.

A dire il vero egli aveva meritato la sua sorte.

Il giorno 11 fummo in vista del capo Portland. Il tempo allora sereno permise di vedere il Myrdals Yokul, che lo signoreggia. Il capo consta d’un grosso picco a ripide balze, che sorge solitario sul lido.

La Valkyrie si tenne a debita distanza dalle coste rasentandole verso l’ovest in mezzo a numerose frotte di balene e di pescicani. Presto ci apparve un’immensa roccia forata da parte a parte, attraverso la quale le onde schiumose passavano, frangendosi con impeto. Gl’isolotti di Westman parvero uscire dall’Oceano come un gruppo di roccie sulla liquida pianura. La goletta prese il largo per girare, in distanza conveniente, il capo Reykjaness, che forma l’angolo occidentale dell’Islanda. Il mare assai agitato impediva a mio zio di salire sul ponte per ammirare le coste frastagliate e battute dai venti di sudovest.

Quarantott’ore dopo, passata una tempesta che forzò la goletta a fuggire, si scorsero nell’est i segnali della punta Skagen, i cui scogli pericolosi si prolungano a gran distanza sotto i flutti. Un pilota islandese venne a bordo, e tre ore dopo la Valkyrie gettava le ancore innanzi a Reykjawik nella baja di Faxa. Il professore uscì finalmente dal camerino; era alquanto pallido ed abbattuto, ma sempre entusiasta e gli brillava negli occhi la soddisfazione.

La popolazione della città singolarmente interessata dell’arrivo d’una nave, nella quale ciascuno ha qualche cosa da prendere, si affollava sulla riva.

Mio zio aveva fretta di uscire dalla sua prigione galleggiante, per non dire dal suo ospedale, ma innanzi di lasciare il ponte della goletta egli mi trascinò alla prora e quivi mi mostrò col dito al settentrione della baia un’alta montagna a due punte, un doppio cono coperto di nevi perpetue.