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introduzione 105

fatti dell’intelletto puro sarebbe in tal caso dialettico1. La seconda parte della logica trascendentale perciò deve essere una critica di questa apparenza dialettica, e si chiama dialettica trascendentale, non quasi un’arte che susciti dommaticamente una tale apparenza (arte, pur troppo corrente, di svariate ciurmerie metafisiche), ma come critica dell’intelletto e della ragione rispetto al loro uso iperfisico2, a fine di svelare l’apparenza fallace delle sue infondate presunzioni e ridurre le sue pretese di scoperta e ampliamento di conoscenze, che essa s’illude di ottenere mercè principii trascendentali, al semplice giudicamento dell’intelletto puro e al suo preservamento dalle illusioni sofistiche.



  1. Questa parola come già s’è visto, è adoperata da Kant in significato dispregiativo, quando non è accompagnata da nessun chiarimento che gliene dia uno migliore. La dialettica vale «presunto organo del conoscere», come in questo passo: «logica dell’apparenza», accostata alla «sofistica» degli antichi (cfr. Introd. alla seconda parte della logica trascendentale), chiamata «infeconda», «rifiutata dalla ragione critica» (§ 4 del cap. 1° della Dottrina del metodo). In miglior senso, ma sempre come umana deficienza, è preso in molti altri passi: «connaturata e irrimediabile illusione» (nella Introd. citata).
  2. Ossia, che procede oltre la natura, al sovrannaturale; com’è proprio, secondo Kant, della ragione.