Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/18

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xvi prefazione a questa traduzione

e mi sarei trovato più volte imbarazzato in errori di stampa, che il senso affatto scambiavano, se non avessi avuto per cui giovarmi della versione latina, essendo altronde impossibile, o per lo manco assai difficile, che i due testi si combinassero negli stessi abbagli appuntino. Il che avverto, essendo essa pure inesattissima e veramente sibillina»1. E dalla traduzione del Born ritradusse alla meglio la prefazione alla edizione del 1781, seguendo per tutto il resto quella del 1787.

Il saggio della prosa del Mantovani testè riferito può dare un’idea del difetto principale della sua traduzione, non solo «inelegante», com’ei già sospettava, ma così dura da riuscire spesso inintelligibile, per la trascuranza delle norme più comuni della sintassi italiana come per l’uso od abuso stranissimo del vocabolario. È stato detto che questa pubblicazione nocque, lungi dal giovare, alla conoscenza di Kant in Italia. Giudizio forse ingiustamente esagerato, poichè non sarebbe possibile, credo, additare nel Galluppi, che di questa traduzione dovette sempre servirsi, o nel Rosmini, che vi fece anche lui ricorso nelle prime sue opere, prima che avesse imparato il tedesco un’erronea interpetrazione da ascriversi in colpa al povero Mantovani. Il quale pare generalmente esatto nella sua traduzione; ma con la sua orrida forma, che lo stesso Galluppi, nelle sue citazioni, procurava di pulire, dovette certamente, a molti che l’avevano, far passare la voglia di leggere mai in italiano la Critica della ragion pura.

Onde con verità può dirsi, che assai più della traduzione pavese abbiano giovato poi alla conoscenza della Critica kantiana in Italia quelle francesi del Tissot (1835) e del

Barni (1869); benchè la prima, letterale, nel proposito del traduttore, presentasse, con le molte durezze, inesattezze non poche d’interpetrazione; e la seconda, più esatta, peccasse di libertà eccessiva verso la forma del testo, dato lo



  1. Vedi Proemio alla traduzione, t. I, pp. 12-13.