Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/48

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26 prefazione alla seconda edizione

grandissimo, quando si sia riconosciuto che vi è un uso pratico (morale) della ragion pura, assolutamente necessario; nel quale la ragione inevitabilmente si estende di là dai limiti della sensibilità, e non ha bisogno di sussidi speculativi, ma solo di assicurarsi contro le loro opposizioni, per non cadere in contraddizione con se medesima. Negare a questo servizio della critica l’utilità positiva, sarebbe come negare che la polizia renda alcun vantaggio positivo, poichè il suo ufficio principale è quello di chiudere la porta alla violenza che i cittadini possono temere dai cittadini, affinchè ciascuno possa sicuro e tranquillo attendere alle proprie faccende. Nella parte analitica della critica sarà provato che lo spazio e il tempo non sono se non forme della intuizione sensibile, e perciò soltanto condizioni dell’esistenza degli oggetti come fenomeni; e che inoltre noi non abbiamo punto concetti dell’intelletto, e perciò nessun elemento per la conoscenza delle cose, se non in quanto può esser data una intuizione corrispondente a questi concetti; e che per conseguenza non c’è dato d’aver conoscenza di un oggetto come cosa in se stessa, ma solo come oggetto dell’intuizione sensibile, vale a dire come fenomeno; donde evidentemente deriva la limitazione di ogni possibile conoscenza speculativa della ragione ai semplici oggetti della esperienza. Tuttavia, e questo dev’esser ben notato, in tutto ciò si deve far sempre questa riserva: che noi possiamo pensare gli oggetti stessi anche come cose in sè, sebbene non possiamo conoscerli1. Giacchè altrimenti ne seguirebbe l’assurdo che ci sarebbe una ap-



  1. Per conoscere un oggetto si richiede che io possa provare la sua possibilità (sia per il testimonio dell’esperienza della sua realtà, sia a priori per mezzo della ragione). ma io posso pensare ciò che voglio, alla sola condizione di non contraddire a me stesso, cioè quando il mio concetto è solo un pensiero possibile, sebbene io non possa stabilire punto se, nel complesso di tutte le possibilità, gli corrisponda o no un oggetto. Per attribuire a un tal concetto validità oggettiva (reale possibilità, poichè la prima era solo logica) è richiesto qualcosa di più. Ma questo qualcosa di più non serve che sia cercato nelle fonti teoretiche della conoscenza; può anche trovarsi nelle pratiche. (N. di K.)