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Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/184

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     Solinga col suo duolo
          Cerere sta lontana
          Da’ Numi e da’ mortali:
          Geme la terra esposta
          60Della fame agli orror.

     Disse Cerere all’Ombra:
          «Non lascerotti io mai,
          Tu nel materno core
          Eterna vivi; io voglio
          65L’uman seme salvar.

     E percorrendo l’Orbe,
          Ella dall’ampio corno
          Spande nuove auree messi:
          Ha il sorriso sul labro,
          70Sta sulla fronte il duol.

     Discesa in questa valle
          Ed arida e sassosa,
          Ella fa segno al monte:
          E subito riversa
          75Un lieto fiumicel.

     E nol cedè la valle
          Poch’anni dopo a Tempe.
          Casa a casa si giunse
          Qui sull’errante rio,
          80Là sul declive suol.

     Ecco selvaggie capre
          Saltar di rupe in rupe,
          E stuol di neri armenti
          O pecorelle bianche
          85Coprire ’l verde pian.

     Alzò Riconoscenza
          Al Nume questo tempio,
          Che poi la man dell’Arte
          Con leggiadre colonne
          90E con intagli ornò.

     L’arte emulò natura,
          Le colonne cingendo
          Di serpeggianti fiori,
          Che all’ara della Dea
          95Formaro un tetto alfin.

     Fersi ogni anno più liete
          Le feste della valle,
          E per goderne anch’esso,
          Dalle valli vicine
          100Venía l’abitator.

     Salve, benigna Dea,
          Cerere creatrice
          D’ogni nostra ventura!
          Ovunque splende intorno
          105La traccia de’ tuoi don.

     Ascolta i nostri canti,
          Ricevi l’umil dono
          Da grato core offerto!
          Fra noi, per te felici,
          110Piacciati rimaner!

Ecco s’aduna un coro
     Di vergini vezzose
     Sulla fiorita erbetta
     Che, dirimpetto al tempio
     115Serve alle sacre danze.
     Senza l’altiero suono
     Del liuto a Febo sacro,
     Senza l’umile avena
     Da Minerva diletta,
     120Quella placida turba
     In un e balla e canta,
     Figurando l’istessa
     Vaga ed antica danza,
     Che ’l dì del rapimento
     125Proserpina eseguia
     Colle dolci compagne
     D’Enna là nella valle.
     Ogni fonte di gioja