Pagina:L'Anticristo.djvu/14

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samente una ragione «ad hoc», per la quale non bisogna dare ascolto alla ragione, che è quanto dire la morale, quando si fa udire il sublime ordine «tu devi».

Se si considera che, presso quasi tutti i popoli, il filosofo non è che l’evoluzione del tipo sacerdotale, non sorprenderà questa eredità del sacerdote, «questa falsa coniazione davanti a sè stesso». Quando si hanno doveri sacri, per esempio far gli uomini migliori, salvarli, redimerli, quando si porta la divinità nel petto, quando si è il portavoce degli imperativi ultraterreni, si è, con simile missione, al disopra di tutte le valutazioni puramente conformi alla ragione, e «insieme» si è santificato, per simile compito, si diventa insomma tipo di una gerarchia superiore!... Che può importare della «scienza» ad un sacerdote?! Si trova troppo in alto per essa! Ed il sacerdote ha «regnato» fino ad ora! Esso determinava i concetti «vero» e «falso»!....

XIII.


Non disprezziamo ciò; «noi stessi», noi spiriti liberi, siamo una «trasmutazione di tutti i valori», una «formale» dichiarazione di guerra e di vittoria a tutte le vecchie concezioni del «vero» e del «falso». Le conoscenze più utili sono quelle che si trovano più tardi; ma le conoscenze più preziose sono i «metodi». «Tutti» i metodi, «tutte» le promesse del nostro spirito scientifico attuale, hanno avuto contro, per secoli e secoli, il disprezzo più profondo; a causa di quelli e di queste si era esclusi dalle relazioni con le persone «oneste»; si era considerati come «nemici di Dio», come sprezzatori della verità, come «ossessi». Come carattere scientifico, era uno Tschândâla....

Abbiamo contro tutto il «pathos» dell’umanità, il suo concetto di ciò che «deve» essere verità, di ciò che «deve» essere la funzione della verità. Ciascuno degli imperativi «tu devi» era fino ad oggi diretto «contro» noi... I nostri obbietti, le nostre azioni, il nostro carattere silenzioso, circospetto e diffidente, — tutto sembrava loro assolutamente indegno e disprezzabile. — Alla fin fine bisognerebbe domandarsi, con qualche ragione, se non è stato un gusto «estetico» quello che ha tenuto l’umanità in una cecità tanto lunga: esigeva dalla verità un effetto