Pagina:L'acqvedotto pvgliese le frane ed i terremoti.djvu/4

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lità della cattura della sorgente, decomposta per un’antica frana in assai numerosi zampilli, in un calcare fratturato, presso e di contro a pendici franosissime, come assai bene già osservava in un suo scritto l’ingegnere De Vincentiis, il parere di un solo geologo poteva essere giudicato insufficiente, per quanto questi fosse oculato e versatissimo nella sua scienza.

Nel progetto di massima pubblicato nel 1903 si sorvola sulla questione della stabilità delle fonti; questione capitale, e quanto alle condizioni del terreno, non si trova che questa frase, a pag. 25 «in conclusione, in dipendenza della natura dei terreni e della accidentalità della campagna, il tracciato va incontro a gravi difficoltà nel 1° tronco, che si superano generalmente col tenere il canale in galleria». Ora vedremo più avanti come la perforazione di gallerie, siano lunghe oppure brevi, eviti le difficoltà, con tanta disinvoltura sorvolate. È bensì vero che l’ultimo progetto è accompagnato da una dettagliata carta geologica, e che il profilo longitudinale contiene pure la indicazione dei terreni da attraversare; ma non è molto diffusa la interpretazione dei colori geologici dal punto di vista costruttivo e le poche indicazioni non sempre riguardano la natura del terreno che si troverà al piano delle gallerie, il quale non in tutti i casi è poi il medesimo segnato per la superficie; così, ad esempio, nella regione vulcanica del Vulture, la lunga galleria di Croce lo Monaco (6450m), sottopassando i tufi vulcanici, si mantiene nei pessimi scisti eocenici. Ad ogni modo è abbastanza singolare questa disinvoltura, quando appunto le più gravi difficoltà per le costruzione del canale, nel tratto di quasi cento chilometri da Caposele alle Murgie, si incontreranno appunto nelle perforazioni delle gallerie.

Ed ancora più sembra strano che della idrografia sotterranea delle Puglie ed in particolare della Capitanata e della penisola Salentina, dove, a parere dei più competenti, tra i quali indubbiamente emerge il professore Cosimo De Giorgi di Lecce, esiste abbondante provvista di acque profonde, si sia continuato a discorrere soltanto in base a pochi fatti, diremo fortuiti, senza che mediante apposite perforazioni (le quali sarebbero costato assai meno che i molti progetti di acquedotti che si susseguirono) si potesse stabilire con sicurezza se o meno convenisse rinunciare, come si è fatto, a qualunque speranza di utilizzare queste acque sotterranee. Il miraggio dell’acquedotto era in verità affascinante. Citeremo ad esempio un periodo caratteristico di uno scritto dell’avvocato Francesco Pasca del 1891: «l’Acquedotto Pugliese con la irrigazione porterà la salute e la ricchezza ad una delle più vaste regioni agricole italiane, alla meglio disposta per condizioni geologiche a fruire del prezioso elemento. Con la igiene e la trasformazione delle colture, lo sviluppo delle