Pagina:L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu/132

Da Wikisource.
116 PARTE SECONDA CL. IV.

Lucera ubbidiva a’ romani. Cade qui in acconcio il ripetere agli studiosi un avviso ohe ci viene dallo stesso Barone d’Ailly. Ci attesta egli che nel ricchissimo medagliere d’un tra’ più nobili Signori che abbia Napoli conservasi un asse a noi sconosciuto, di grandezza e di peso primitivo, con le imagini d’Ercole nel diritto e d’un busto di cavallo nel rovescio. Non sarebbe per noi inverisimile, che se in questa moneta vi concorresse lo stile e la forma molto convessa della primitiva fabrica lucerese, l’asse appartenesse a questa antica serie. Converrebbe tuttavia imaginare che al tempo della prima diminuzione il busto di cavallo venisse in Lucera trasformato in quel cavallo medesimo che è nel triente de’ rutuli.

Tornando per poco alle monete coniate di questa officina, ne giova dire il perchè da noi si riportino a’ tempi delle prime conquiste de’ romani su quella parte della Puglia. Noi lo deduciamo dalla medesima mancanza di asse che abbiamo già osservata in Tivoli e in Todi ed abbiamo attribuita al romano orgoglio, pentoboli, tetroboli, trioboli, dioboli ed oboli coniati in questa zecca, sono ovvj: e perchè mai l’asse coniato ci si tien tuttora nascosto? Anzi invece di crederlo nascosto, noi sospettiamo che forse affatto non esista: mercechè se esistesse aver dovrebbe per sua prima impronta l’Ercole dell’asse fuso. Ma in questa serie acefala l’Ercole è invece effigiato nel tetrobolo: come nel semisse i tudertini costretti furono a rapresentare l’aquila e il corno d’abbondanza, che nell’epoca della loro indipendenza aveano sempre effigiati nell’asse.

L’altra differenza che appare tra le sette monete fuse e le cinque coniate di Lucera, consiste in questo, che nel pentobolo una delle ruote ha ceduto il luogo ad una testa di Minerva, la ruota rimastavi s’è fornita di otto raggi, in luogo de’ quattro primitivi. Il tetrobolo ha sostituita la testa d’Ercole al fulmine, e alla clava ha aggiunta la faretra e l’arco. Il triobolo ov’era l’astro, ha la testa di Nettuno e sotto al delfino porta scolpito un tridente: il diobolo ha la testa di Venere nel luogo dell’astragalo ch’era pure un simbolo di Venere: la conchiglia è rimasta qual era. Finalmente alla spiga dell’obolo vedesi sostituita una testa d’Apollo, il quale ritiene nel rovescio la sua rana senza mutazione né aggiunte.

L’arte de’ luceresi in tutte tre le epoche della loro moneta non si leva al di sopra d’una discreta mediocrità. I caratteri che adoperano per la loro lingua sono quelli de’ popoli cistiberini, da cui son nati al modo medesimo de piceni e de’ vestini.

Nel metter termine a questi preliminari, co’ quali non intendiamo che ad appianar la via ad un più serio e lungo trattato su la scienza dell’aes grave, avvisiamo gli studiosi che il fautore amorevolissimo di questi nostri studj Barone d’Ailly tra le altre buone cose recateci nel sua ritorno dal viaggio di Napoli e Sicilia, ci ha donato il quadrante dal del-