Pagina:L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu/98

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82 PARTE SECONDA CL. II.

noi ci facciamo a publicare. Per loro opera siamo giunti ad avere in nostra disposizione ben dieci monete iguvine e a conoscerne ben dodici varietà. L’asse, tre diversi semissi, un triente, un quadrante, un sestante e una oncia nella Tavola III.; un triente e un quadrante nella parte A della Tavola IV.; un secondo sestante sotto il num. 13. nella Tavola V. delle Incerte e finalmente una seconda oncia sotto il numero 3. della parte destra nella Tavola di supplemento.

Egli è certo il fatto, che presso i nostri antichi popoli una serie di aes grave componevasi di sole sei monete, se pure la semoncia, il dupondio, il tripondio non la traevano fuori di que’ suoi naturali confini. Qui non abbiamo né semoncie, né dupondj, ma dodici di quelle varietà che entrano nelle comuni serie. Questa grandezza di numeri non può intendersi altrimenti che riconoscendo gl’iguvini per una confederazione di genti e città somigliante alla confederazione delle genti e de’ popoli latini. Quante fossero queste tribù iguvine, non può per ora da noi accertarsi: pare tuttavia che cinque se ne scuoprano in queste dodici diverse monete. Nella Tavola III. i tre semissi tanto variati l’un dall’altro ne fanno certa fede di tre, il triente e il quadrante di questa stessa Tavola ce ne indicano una quarta, ed una quinta il triente e il quadrante della Tavola IV.

Una seconda costumanza propria de’ confederati iguvini s’intravede in queste dodici monete. Nella Tavola III. l’asse e il semisse de’ numeri 1. e 2. hanno l’impronta medesima: identiche pure sono le impronte del triente e del quadrante cosi in questa come nella Tavola IV. Nel sestante e nell’oncia vedesi quest’altra particolarità: il sestante della Tavola III. di questa classe manca di epigrafe; quello che abbiam fatto disegnare nella Tavola V. delle Incerte la porta scolpita sul suo lembo. Cosi V oncia della Tavola III. manca del corno d’abbondanza; laddove in quella della Tavola di supplemento, venutaci in dono dalla cortesia del Cavalier Brancuti, si vede altamente rilevato. Ora da questa identità d’impronte nel’asse e nel semisse, ne’ trienti e ne’ quadranti possiamo giustamente conchiudere, che gli umbri iguvini andavano per una via tutta diversa da quella degli umbri tudertini nel modo di segnare la loro moneta. Aveano questi dodici diverse imagini in sei monete, quelli in due monete non più che due impronte, e forse non più che due in tutte le sei della serie. Ciò è che ne induce a sospettare, che la tribù iguvina, a cui appartengono l’asse e il semisse de’ numeri 1. e 2. abbia un triente, un quadrante, un sestante e un’oncia, su cui, come nel semisse, sia ripetuta l’impronta dell’asse. Dicasi altretanto del triente e del quadrante dal corno d’abbondanza e dalla tenaglia, i quali forse ci rappresentano le imagini del loro asse, e insieme del semisse, sestante ed oncia. Altretanto potrebb’essere nel triente e nel quadrante della doppia ruota, ripetuta forse anch’essa nelle altre monete maggiori e minori.

Sembra tuttavia che questa costanza di ripetizioni andasse soggetta a