Pagina:L'asino d'oro.djvu/148

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132 dell'asino d'oro

tre diceva queste parole, messole le audaci mani entro a’ biondi capelli, senza ch’ella facesse alcuna resistenza, la strascinò dinanzi alla padrona. La quale, come prima la vide, con un licenzioso riso, e come soglion far quegli che sono adirati davvero, scotendo il capo, e stuzzicandosi l’orecchio destro, le disse: Tu ti se’ pur degnata alla fine di venire a far motto alla suocera tua! se tu non se’ già venuta per vedere il tuo gentil marito, il quale per li tuoi buon portamenti si potrebbe bello e morire: ma sta di buona voglia, ch’io ti riceverò come è convenevole una buona nuora. E dove sono la Sollecitudine e la Tristizia, mie serve? E fattele chiamare, senza altro dire, la diede loro a tormentare. Le ubbidienti ancille, posciach’ell’ebbero rigidamente fatto il volere della padrona, tutta afflitta e tormentata la presentaron di nuovo innanzi al cospetto di Venere. La quale un’altra volta alzando le risa, disse: Ecco costei che col ruffianesimo del gravido ventre ci crede muovere a compassione. Beata a me, posciachè egli mi farà avola di così chiara progenie! felice veramente,