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164 dell'asino d'oro

che incontrar mi dovesse, parendomi esser divenuto asin di me, allegro e lieto, e tutto lascivo divenuto, me ne passeggiava largo con una grandissima boria, andando aocchiando quelle cavalle che mi paressero che fussero al proposito per essere mie concubine. Ma picciol tempo senza far frutto alcuno fiorì in me quella lieta speranza, e tosto ritornai nel colmo delle mie disgrazie; perciocchè gli stalloni di quella mandria, che per esser ben tenuti e ben pasciuti, e non durare fatica alcuna, erano gagliardi e terribili, come tu puoi pensare, avendo gelosia del fatto mio, e volendomi proibire il disuguale adulterio, senza aver riguardo alla ospitalità, si cacciarono intorno al povero rivale, e con tanta stizza e con sì fatta tempesta li furono addosso, ch’io non so mai come io ne scapolassi vivo: questo a capo ritto alzando all’aria il bel riscontro, mi percoteva col piè dinanzi: quell’altro, voltatomi la polputa groppa, con quei di dietro mi dava di molti calci: quello con maligno volto annitrendo, e col naso arricciato minacciandomi, con quei dentacci lunghi tutto mi morsicava. Così mi ricordava d’aver letto nelle storie del re di Tracia, il quale dava gl’infelici ospiti a divorare agli efferati cavalli. O avarizia pessima di tutti i vizj! tanto incresceva adunque a quel disonesto tiranno logorare un poco di biada, che traea lor la fame colle membra de’ corpi umani. Lacerato io adunque in quello istesso modo da’ vari assalti di quegli stalloni, io fui costretto a bramar tornare di nuovo a far le giravolte intorno a quella macine, per manco male. Ma non parendo alla insaziabile Fortuna, ch’e’ fusse martirio bastevole al suo disiderio, trovò modo di mettermi tra più taglienti forbici. Levatomi il pastore dallo esercizio dello stallone, e messomi a conducer legne da un certo monte, emmi dato per guida un fanciullo doloroso di tutti gli altri fanciulli, al quale non bastando la fatica che mi dava quell’alto monte, nè parendoli a sufficienza, che i sassi, de’ quali era piena la strada, mi guastasser le unghie, mi macerava con sì fatte bastonate, che quel dolore mi