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184 dell'asino d'oro

tato padrone, deliberarono di fuggirsi. Il cavallaro, che mi avea ricevuto con tanta cura di ben trattarmi, pose sopra le spalle mie e degli altri giumenti ciò che era in casa di valuta alcuna. Noi portavamo fanciulli e femmine, portavamo polli, capretti e cagnolini; e ciò che non poteva camminare co’ suoi, andava co’ nostri piedi: nè mi gravava la soma, benchè grande fosse e sconcia, poichè io fuggiva quel ribaldo che castrar mi doveva.

Or passato un aspro colle di monte, e camminato gran pezzo per un largo piano, giungemmo già presso a sera ad un castello grande, e di molta gente popoloso; gli abitatori del quale ne vietarono, disconfortando, il partirsi a quell’ora, dicendo, tutto quel paese esser pieno di grandi e ferocissimi lupi, i quali non solamente le pecore e gli armenti danneggiavano, ma gli uomini uccidevano; e che per tutta la strada, dove passar dovevamo, si trovavano corpi umani da loro stracciati, e tutti i luoghi dintorno essere biancheggianti di ossa; e che per questo bisognava andar con molto risguardo, nè prima che il tempo fosse ben chiaro, e il sole levato: