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218 dell'asino d'oro

d’un poveretto ortolano, comprato venticinque lire, ma caro, secondo che egli medesimo diceva; e la sua e la mia fatica gli avevano a guadagnar le spese. La qualità della cosa mi par che richieda ch’io esponga eziandio il modo di questa mia nuova servitù. Questo mio padrone aveva per usanza ogni mattina avanti il giorno menarmi carico con una soma quanto mai ne poteva portare, ad una città vicina all’orto dove egli stava; e quivi lasciando l’erbe a quelli che le rivendevano, messomisi sopra le spalle a sedere, acciocchè io durassi più fatica, se ne ritornava all’orto. E mentre che egli aspettando la sera per rimenarmi un’altra volta, o zappava, o annaffiava, o faceva altro esercizio per l’orto, io prendeva un poco di riposo. E aggirandosi l’anno per le solite rivoluzioni delle stelle, e per lo solito numero de’ mesi e de’ giorni camminando, dopo le mostose dolcezze dello Autunno inchinandosi alle vernerecce brinate del Capricorno, senza aver mai cencio di ferro in piè, mi faceva mestiero camminare su per quei ghiacci, che tagliavan come rasoi; e per ristoro poi, mi stava alle piogge e alle nevi tutta la notte in una stallaccia coperta con non so che frasche, che vi pioveva dentro come fuora: imperocchè quel mio padrone era sì povero, ch’egli avea disagio di un po’ di strame per dormirvi su, non che egli avesse dove mettermi a coperto; come quelli che sotto ad un frascato (che non so se io me la voglio chiamare capanna, tanto avea cattiva coperta) e’ si dormiva in piana terra, come farebbe un altro in un letto spiumacciato: e spesso spesso egli ed io avevamo una medesima cena, ma breve; certe lattugacce tallite, che era come mangiare scope, e non sapevan se non d’un certo lattificcio, che era amaro come uno assenzio. Accadde una sera fra l’altre, che un uomo dabbene, che aveva una sua possessione lontana di quivi sette o otto miglia, sopraggiunto da una gran pioggia, e avendo il cavallo stracco, non gli bastò l’animo d’andare più innanzi, e ne chiese albergo per quella notte. Il povero ortolano benignamente lo rice-