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250 dell'asino d'oro

doveva meco essere congiunta, cominciò avere una grandissima gelosia di questa bellissima fanciulla, e a dispiacerle insino al cuore; e finalmente le tese i lacciuoli intorno per ammazzarla. E pensò, dopo le molte, questa ribalderia: che tolto al suo marito il suo anello, una volta che egli andava in villa, e chiamato a sè un fante di casa a lei fedele più che la morte, ma della fede capitalissimo nemico, e datogli quello anello, gli disse, che se ne andasse dalla fanciulla; e fingendo di venir di villa, per parte del marito le dicesse che egli la mandava pregando, che subito subito sola e senza compagnia se ne andasse da lui: e a cagione che ella prestasse maggior fede alle sue parole, che e’ le lasciasse l’anello come per contrassegno. Non si lasciò molto pregare lo scellerato ambasciadore, e con ogni diligenza fece quanto gli era stato imposto. Ed ella obbedientissima al suo carissimo fratello, chè a lei sola era noto questo nome, senza tardanza alcuna, tutta soletta si mise in cammino. E arrivata in quel luogo, dove la pessima e scellerata cognata le aveva tese le insidie, ella fu presa, e battuta crudelissimamente, e mentre che la poverella gridava accorruomo, e diceva che ell’era entrata in vano in così fatto sospetto, e che ’l suo marito l’era fratello, e con quel nome il chiamava in aiuto suo; la infuriata donna, ogni cosa finta credendo, preso un tizzone ardentissimo, tante volte colle sue proprie mani gliele ficcò per le tenere carni, che con grandissima sua passione la meschinella giovane colla sua crudelissima morte saziò la rabbia della sua crudelissima cognata. Nè potendo il buon fratello sopportare il grieve dolore, ch’egli si aveva preso della efferatissima morte della povera giovane sorella, così immeritamente donatale, anzi giorno e notte per lo stomaco rivoltandoseli, e sollevandoli gli umori malinconici, egli cadde in una grandissima malattia, sì che oramai gli faceva mestiero di medicarsi. Laonde la moglie, la quale questo santo nome insieme colla fede avea perduto, con infingevole uficio di carità volle esser quella che di me-