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258 dell'asino d'oro

e spicciolati sopra degli spettatori, prendendosi per mano, composero un bellissimo ballo; il quale finito che ebbero, con alcune canzonette così addolcirono gli animi di tutti, che pareva che ne disfacessero colla loro dolcezza. Ma molto maggior soavità era poscia a veder Venere muoversi secondo gli accenti di quel lor canto, e con quei lascivi e graziosi passi fra le ondeggianti piume di quei pargoletti camminando, or quelle vive luci in atto mansueto girare, or con benigna ferita e con gentili minacce voltarle, or mostrare che, gli occhi stessi saltando, negli altrui cuori ne facesse far prova, quanta dolce forza abbia la vista nel bel regno d’Amore. La bella giovanetta, subito che fu nel cospetto del boschereccio giudice, con sì bel modo il salutò, che ancor mi struggo qualora me ne ricordo; e poi con un atto pien di gentil grazia li disse, che s’egli come meritava la sua bellezza, la preponeva all’altre Iddee, ch’ella gli darebbe l’amor d’una donna, e gliele congiungerebbe per isposa, la quale in ogni cosa si poteva agguagliare alle sue bellezze. Allora il Frigio pastore tutto allegro diede, senza altro pensare, l’aureo pomo, che egli come segno della vittoria teneva in mano, alla leggiadretta fanciulla. Perchè dunque vi maravigliate voi, vilissima gente, anzi armenti delle corti, o piuttosto immantellati lupi, se i giudici vendono al presente con danari tutte le loro sentenzie; quando nel principio delle cose, in uno giudicio agitato fra gli Dei e gli uomini, la grazia il corroppe, e un rozzo pastorello eletto per giudice dal gran Giove vendè per vilissimo premio d’una fangosa libidine, insieme colla rovina di tutta la casa sua, cotanto importante sentenzia? Or non fu così l’altro giudicio infra i più incliti capitani dei Greci celebrato, quando colle false esprobrazioni Palamede e in dottrina e in arme valoroso fu dannato di tradimento? e allora che il pargoletto Ulisse nelle cose della guerra fu preferito al potentissimo e grande Aiace? E come quel giudicio appresso i datori delle leggi, appresso gli Ateniesi, dico di quei savj, di quei prudenti, de’ maestri di tutte