Pagina:L'asino d'oro.djvu/89

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libro terzo 73

e allegro per la speranza della propinqua salute, subito mi vi accostai vicin vicino; e quando vi aveva quasi che sopra le labbra, e’ mi sopraggiunse un miglior pensiero, parendomi che se io, partendomi allora dall’asino, ritornava di nuovo ad essere uomo, di portar manifesto pericolo di non trovar fra le mani di questi ladroni una evidente rovina, o per suspizione dall’arte magica, o per paura ch’io non discoprissi i furti loro: sicchè per allora, e necessariamente per certo, io mi astenni dalle rose; e sopportandomi la presente fortuna, in forme d’asino mi andava rodendo il durissimo fieno.


LIBRO QUARTO


Essendo già arrivato il sole alla metà del suo viaggio, pervenuti a una certa villetta, noi ne ponemmo a riposare con certi vecchiardi, amici e conoscenti di que’ ladroni, secondochè io sulla prima giunta per lo lungo ragionar loro, per le mutue carezze, ancorchè io fussi asino, accorger mi potetti: imperocchè, levatomi daddosso non so che coserelle, e’ le donarono loro, e con un certo ghigno così ascosto pareva ch’e’ volesser dire: noi l’abbiam rubate. E avendoci dopo questo scaricati di tutta la soma, e’ lasciarono andar noi altre bestie a nostro piacere entro a un prato, che quivi era assai vicino: ma il comune pascolo non mi potè nè coll’asino nè col mio cavallo ritenere, come colui che non era avvezzo a pascer fieno: perchè, avendo veduto appresso della stalla un orto, e morendomi di fame, io me ne entrai dentro alla libera, e ancorchè quegli erbaggi fossero crudi, ne presi una buona satolla, e raccomandandomi al cielo, guardava nondimeno per tutto il paese, se egli per avventura mi venisse veduto