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98 l’edera

la Vergine, in cuffia ed in grembiale, pareva un idolo preistorico, mostruoso ed informe. Paulu conosceva i santi delle chiesette dei villaggi sardi, e non s’impressionò; ma d’un tratto quella Vergine gli ricordò i quadretti sacri della retrobottega di Zana, e un’idea gli balenò in mente. Ma subito la respinse con ribrezzo. No, egli poteva abbassarsi a tutto, poteva umiliarsi ai più ignobili usurai, poteva anche lasciar mettere all’asta la casa e vedere il vecchio nonno e la povera donna Rachele e l’infelice Rosa cacciati dal nido antico come bestie dal covo; ma abbassarsi a chiedere denari ad una donna equivoca mai, mai.

— Meglio morire, — pensò, chinando la testa. L’idea del suicidio non lo spaventava. — Se io mi uccido zio Zua salverà la famiglia. Egli mi odia, ed è per far dispetto a me che non vuole ajutarci, ma se io muojo...

La figurina di Annesa gli apparve nella penombra della chiesetta; e più che al dolore dei suoi nonni ed all’angoscia di sua madre, egli pensò alla disperazione di lei, e decise di avvertirla del suo funesto proposito.

— Così si preparerà, e dopo non si tradirà, non farà capire che eravamo amanti, e potrà egualmente sposare Gantine. No, non voglio rovinarla, povera Annesa, anima mia cara...

Lagrime sincere gli scorsero lungo le guancie; per nascondere il suo dolore s’inginocchiò, depose il cappello per terra, appoggiò un gomito ad una mano e con l’altra si strinse le tempie.