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mano, e Rosa passava lentamente in fondo al cortile. Donna Kallina, la povera morta, cerea e trasparente come un fantasma, sedeva al sole, cercando invano di scaldarsi.

E i devoti, nella chiesetta sempre più melanconica, proseguivano il loro coro desolato: pareva che un popolo nomade passasse al di fuori, nel campo roccioso, intonando un canto nostalgico, un addio alla patria perduta.

Paulu sentiva quest’arcana nostalgia che è nel carattere del popolo sardo. La sete del piacere, del godimento, delle avventure, lo aveva sin da fanciullo spinto in una via che non era la sua anch’egli aveva continuamente sognato una patria lontana, un luogo di gioja dove ora sentiva che non sarebbe arrivato mai più.



Le sette sorelle di Ballore rimasero edificate per il contegno che egli tenne durante la novena. Ma Ballore, ch’era tornato dalla tanca con le mani scottate, stanco e di cattivo umore, guardò Paulu e vedendolo molto abbattuto pensò:

— Deve essere in terribili condizioni: egli che non crede in Dio ha finto di pregare per intenerire la sorella del Rettore.