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108 l’edera

qui l’uccello del diavolo: ora lo conduco dal brigadiere e dico a tutti: vedete se un padre può ammazzare il figlio, che vi ammazzino senza che ve ne possiate accorgere! Ed ora me ne lavo le mani, don Paulu.

L’uomo imprecava, ma nonostante la stanchezza, l’ansia, i patimenti che gli si leggevano in volto, egli dimostrava una gioia selvaggia; il ragazzo invece era cupo e guardava lontano, e i suoi grandi occhi azzurri parevano gli occhi d’un prigioniero, sognanti la fuga.

— Tornate difilato in paese? — domandò Paulu, senza interessarsi molto ai casi di Santus e del ragazzo.

— Subito; le occorre qualche cosa?

— Allora, — egli disse lentamente, meditando le parole prima di pronunziarle, — vi darò un bigliettino che consegnerete ad Annesa: ma a lei solamente, avete capito? Inoltre le direte a voce che dica a mia madre che per stassera non mi aspettino.

— Va bene, don Paulu.

Allora Paulu trasse il suo taccuino e scrisse poche parole col lapis.

«Ritorno da 0***, pernotterò qui, in casa di don Peu Corbu. Viaggio inutile. Nessuna fortuna: nessuna speranza. Non so quando ritornerò. Ricordati ciò che ti dissi prima di partire... non spaventarti...»

Santus non sapeva leggere. Paulu gli consegnò il biglietto appena piegato: l’altro lo prese, lo mise nella borsetta della cintura e promise di conse-