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Pagina:L'edera (romanzo).djvu/34

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32 l’edera

avrei veduto quello che ho visto, quello che vedrò. Che cosa avverrà? Che accadrà di noi? Donna Rachele ne morrà di dolore. Egli... egli?... La sua fine... egli lo ha già detto, la sua fine... No, no: meglio...

Si sollevò, rabbrividì.

Paulu aveva minacciato di suicidarsi, e questo pensiero, questa ossessione, e l’idea che il vecchio asmatico teneva sotto il cuscino un fascio di cartelle di rendita e, per avarizia, per rancore contro il giovane vedovo, s’ostinava a non sborsare un soldo per salvare la famiglia dalla completa rovina, davano ad Annesa una febbre d’angoscia e di odio.

— Vecchio scorpione, — ella riprese, minacciando tra sè il vecchio asmatico, — io ti farò morire di rabbia; ti farò morire di fame e di sete. Guaj a te se ciò che prevedo s’avvera... guaj... guaj! Tu ci lasci agonizzare, ma io...

Non finì di formulare il suo pensiero: qualcuno apriva la porta di strada.

Ella balzò in piedi, si volse, attese, ansiosa. Paulu entrò, la vide, chiuse la porta, poi s’avanzò in punta di piedi e guardò dall’uscio nella camera appena illuminata dalla lampadina notturna. Il vecchio, sempre sollevato, e appoggiato ai cuscini, teneva gli occhi chiusi, il viso reclinato, e anche nel sonno respirava affannosamente.

Accertatosi che zio Zua dormiva, Paulu s’avvicinò ad Annesa e con un braccio le cinse le spalle, abbracciandola con impeto di desiderio. Ella tremò tutta: con le mani abbandonate lungo i fianchi,