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l’edera 59

la vallata granitica, al di là della quale stendevasi un grandioso panarama di valli, di montagne, verdi e azzurre, sfumate sul cielo chiarissimo: a destra cominciava il monte San Giovanni, coi suoi boschi, le brughiere, le roccie dai profili fantastici.

Quattro quercie secolari crescevano davanti alla chiesa, la cui facciata, intraveduta fra i rami delle piante poderose, pareva tagliata nella roccia. Uomini alti e forti, vestiti di rosso e di nero, paesani di altri villaggi, pastori e contadini, s’aggruppavano intorno ai banchi dei liquoristi, sotto le tettoie di frasche addossate alle roccie della spianata. Era la solita folla delle feste sarde: uomini allegri che pensavano a bere, donne in costume che andavano in chiesa per pregare e farsi vedere.

Annesa e Rosa scesero lentamente il sentieruolo, dalla strada comunale alla chiesa: davanti alla casetta ultima del paese si fermarono a salutare zia Anna, la cugina di donna Rachele.

Questa cugina era una donna anziana, alta, magra e pallida come un fantasma; rassomigliava alquanto a donna Rachele, ma sosteneva d’essere più giovane e molto più bella della cugina nobile.

E raccontava d’aver avuto e di aver ancora molti adoratori e pretendenti che ella aveva respinto per restar libera e potersi dedicare tutta a tre sue nipoti orfane di padre e di madre.

Queste nipoti, infatti, vivevano con lei, ed una era già una ragazza da marito. E zia Anna le amava come sue figliole, poichè ella era una donna affettuosa ed anche savia, che all’infuori dell’idea