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l'ombra del passato 197


Fu in quel tempo che egli assistè ad una scena indimenticabile.

Era l’otto settembre. Egli percorreva l’argine, quando in lontananza vide Caterina. Sì, era proprio lei, col suo vestito turchino, un po’ sbiadito e non più gonfio, con le sue ciabatte, coi suoi riccioli d’oro che parevano sfumati nello splendore del tramonto.

— Dove vai? — egli gridò da lontano.

— Là!

Egli comprese.

— E come farai? — egli domandò sottovoce, avvicinandosele.

— Eh, entrerò per il portone!

— Balorda, non ce n’è, portone! C’è il cancello di ferro. E poi, come farai?

— Lo so io!

— Non ti lasciano mica entrare così, sai! Io non ci sono entrato mai, neanche quando sono andato ad accompagnare Carissima.

— Io entrerò, invece! Dirò così: voglio parlare con la signora marchesa. E se non mi lasciano parlare, ecco... vedi?...

— Una lettera? — disse Adone meravigliato. L’hai scritta tu? Fammela vedere.

— È chiusa. Lasciala — ella disse, rimettendo la lettera entro la profonda saccoccia del suo gonnellino.