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208 l'ombra del passato

fuoco alla casa, viscere! Qualche cosa però l’ho salvata, veh, ma sia detto fra noi!

Adone sapeva già questa vecchia storia, e mentre la Suppèi chiacchierava egli pensava ad altro.

— Eccola! — disse a un tratto, e d’un balzo entrò nella stanzetta e chiuse l’uscio. Quanti ricordi! La piccola stanza umidiccia era sempre la stessa, col tavolo di noce e il cassettone ornati di conchiglie e di frutta di marmo; sopra il camino i ritratti sembravano ancora più pallidi intorno alla lugubre ligula del Maestro.

Egli guardò nel viottolo, sul quale il cielo roseo del crepuscolo di luglio spandeva una luce melanconica, e si sentì battere il cuore.

— Un anno! Quasi un anno! — egli pensava.

— E pare ieri. Caterina s’è fatta più alta di me! Come sarà bella! Ah, eccola!

— Dov’è? Dov’è? — gridava una voce fresca e sonora. — Mi han detto ch’è venuto! Nonna, nonna, dov’è?

— Ma chi, viscere?

— Il mio Adone! S’è nascosto? Ah! Bello, bello, cattivaccio! Ah, che paura!

Ella s’era precipitata nella cameretta e fra le braccia del fidanzato. Si strinsero, senza baciarsi, ridendo e palpitando. Poi Caterina cominciò a correre come una pazza, dalla stanza alla cucina, cercando il lume, cercando il cestino della spesa, dicendo desolata:

— Bisogna comprare altra roba! Non abbiamo niente! Non abbiamo che uova!