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l'ombra del passato 211


La cena fu modesta ma allegra; Adone raccontava la sua umile vita di studente normale. Caterina gli ripeteva tutte le piccole cose che già gli aveva scritto durante quei lunghi mesi di lontananza.

La Suppèi ascoltava; i suoi occhietti metallici guardavano con affetto e con diffidenza i due giovani fidanzati. A un tratto Adone, raccontando il suo viaggio, disse:

— A Casalmaggiore ho perdlito il tram e son dovuto venire a piedi. Sull’argine ho incontrato Scipione, il mercantino ebreo...

— Ah! — disse Caterina, e i suoi occhi scintillarono. Adone proseguì:

— Senti che storia! Scipione stava seduto sul suo carretto carico di stoffe: aveva intorno al polso un rosario e pregava. — «E che, ti sei fatto cristiano?» urli chiesi. Egli mi rispose: «Non lo sono ancora, ma se mi va bene un affare lo diventerò!» «E allora andiamo giù nel Po che ti battezzo!» io gli dissi.

Caterina rideva, nervosamente. La Suppèi la guardò e disse:

— Hai sentito, viscere? Vuol farsi cristiano!

— Diventi pure turco, che m’importa?

— Che c’è? — disse Adone, fissando la vecchia.

— C’è, c’è...

— Nonna! Non voglio! Nonna!... — gridò Caterina, stendendo le mani.

— Bisogna dirlo, invece, viscere! — disse la Suppèi con insolita dolcezza. — Due fidanzati de-