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246 l'ombra del passato


— Sì, viscere, la signorina Dargenti, proprio! disse la vecchia con ironia, accomodandosi intorno al polso la correggia del bastone. — Le milionarie non sposano i maestri! E anche se egli continua a studiare...

— Come? A far che? — domandò vivacemente il Pirloccia.

— Dicono che con altri due anni di studio può crescer di grado. Giacchè non ha subito il posto...

Il posto? Lo avrà! Ho parlato io, col vecchio maestro, sì, io, in carne ed ossa, — menti l’ometto, sempre più agitato. — Gliene ho detto di tutti i colori: gli ho detto: ma che la si vergogni, lei, vecchio, di andare a far la scuola a ragazzini alti un palmo. Fosse a dei vecchi, pazienza, ma a ragazzini piccoli!...

— E lui? — domandò un po’ ansiosa la vecchia.

— Vedrete, si piegherà. Verrà al pranzo, oggi: forse ci darà la buona notizia.

— Fosse! Ah, sì, viscere, te lo dico: ho fretta di vedere i ragazzi sposati.

— Anch’io!

I ragazzi intanto seguivano alla lontana il carrozzino, riparati malamente contro il sole ardentissimo dall’ombrellino rosso di Caterina.

E, come sempre, scherzavano e ridevano di tutto e di tutti. Pareva che la vita fosse per loro una burla. Caterina era bellissima, rossa in viso per il caldo e il riflesso dell’ombrello. Adone la guardava con desiderio, pregandola di inclinare