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Pagina:L'ombra del passato.djvu/260

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256 l'ombra del passato

Adone scorgeva il Po, che rifletteva già la luce sanguigna della luna, e ricordava il suo primo tentativo di fuga, la figura di Davide dai lunghi capelli, la dolcezza del ritorno dalla pesca.

Ma arrivato alla stazione, quasi non riconobbe il figlio del zolfanellajo. Davide non era più un giovine: era un uomo: s’era tagliati i capelli e lasciata crescer la barba: una torba lunga, quadrata, così nera che sembrava tinta. Col suo naso di rapina, gli occhi metallici ingranditi da un cerchio nerastro, egli aveva un’aria lugubre: pareva una figura sollevatasi da un sarcofago egiziano. Adone ricordò le chiacchiere di Carissima; tuttavia abbracciò Davide senza paura, e non gli permise di guidare il carrozzino, come l’altro voleva.

— Va piano, però, — disse Davide coprendosi fino alle orecchie. — Passiamo sull’argine: non c’è troppo umido?

— Umido? Io ho un caldo terribile! — disse Adone ridendo. Ma poi diventò triste.

Ria incerto se doveva chiedere o no a Davide notizie della sua fidanzata: gli pareva che la vera fidanzata dell’infelice fosse la morte!

L’infelice, però, prese a parlarne spontaneamente. Sembrava molto fiero della sua fortuna. Domandò che cosa se ne pensava a Casalino.

— Non si parla d’altro! — rispose Adone. E gli parve ingenuamente di far un’opera pietosa lusingando la vanità del suo infelice compagno.

Ora la luna alta e gialla viaggiava obliquamente sopra i boschi della riva, illuminando l’ac-