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272 l'ombra del passato


I «nobili spettatori» tardavano ad arrivare: il pubblico rumoreggiava sul serio quando nell’arco del portone apparvero due figure. Una era grossa e nera, con un piccolo viso rosso e paffuto, i capelli bianchi, gli occhiali d’oro; l’altra era sottile e bianca, così vaporosa che attraverso le maniche del suo vestito si scorgeva la luce azzurrognola dell’acetilene che illuminava la strada. Tra l’esile collo nudo, olivastro, circondato da un filo di perle, e i capelli neri divisi sulla fronte e sbuffanti sulle tempia, spiccava il fosco pallore d’un piccolo viso severo, dagli occhi lunghi socchiusi, dalla bocca lunga chiusa.

Tutti i cappelli di feltro, tutte le teste brune e dorate si volsero verso la porta: e nell’improvviso silenzio Adone, che spiava da un buco del sipario, vide il bigliettario alzarsi, precedere le due signore sino alla prima fila dei «posti riservati». Cinque persone s’alzarono di scatto; s’udì uno scricchiolar di panche, un mormorio confuso; poi la fisarmonica, funzionante da orchestra, intonò la marcia reale come all’ingresso d’una regina!

Adone palpitava: non sapeva perchè, ma palpitava. La signora con gli occhiali s’avanzava col suo passo elastico, col suo petto prepotente.