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l'ombra del passato 315


La nonna sollevò minacciosa il bastone. Partiti i negozianti, le due donne si bisticciarono: e si bisticciavano ancora quando arrivò Adone.

Caterina, per dispetto, insisteva nel dire che voleva recarsi serva in Croazia.

— Non ho paura di viaggiare, io! Da bambina ho girato il mondo: perchè dovrei aver paura? Chi va a lavorare va a pregare!

— Taci! — egli gridò. E provò un tremito nervoso. Ah, egli era stanco: stanco di tutte queste volgarità, di tutte queste miserie, che lo circondavano e lo infastidivano come i moscherini nel bosco. E quando fu solo con Caterina l’afferrò per le braccia, e strinse i denti, silenzioso: pareva volesse spezzare le braccia che lo avevano stretto, e spezzarsi le sue, in una convulsione di furore disperato.

Caterina si spaventò: invece di difendersi, cominciò a tremare fra le mani che la maltrattavano.

— Dio! Dio! Che hai? Di’, di’, che hai? — ella balbettò con terrore.

Egli allora cominciò a mormorare parole insensate.

— Ah, tu vuoi andare serva? Vuoi seguire uno sconosciuto?... La zingara è sempre zingara! E tu vuoi andartene perchè non mi ami, perchè io non son buono a darti le ricchezze che sogni! Siete tutti eguali, tutti: tutti! E vattene pure! Va... cammina!... Anch’io me ne andrò lontano, in un luogo ove la gente non è volgare, non è interessata; in un paese bello... molto più bello di questo! Va! Va, cammina! — ripetè, e la spinse verso l’uscio.