Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
l'ombra del passato | 95 |
l’erba ora calpestata: pareva ci fossero passati dei cavalli.
Adone palpitava di curiosità ma anche per un vago timore: l’incantesimo che prima avvolgeva il parco e il palazzo si era improvvisamente rotto, restava a sapere per quale misterioso comando.
Altri pensieri lo urgevano; altrimenti egli avrebbe finito col penetrare nel giardino; ma era tardi, bisognava affrettarsi, pensare ai propri affari.
A metà strada, verso Casale, raggiunse tre ragazzetti di questo paese, che andavano anch’essi a scuola a Viadana. Due, grossi e bruni, mal vestiti, parevano due fratelli, evidentemente poveri; il terzo Adone lo aveva già veduto nella sua classe. Era un biondino, pallido, col nasino lungo affilato: vestiva signorilmente, aveva le scarpe gialle e le calze rosse.
Tutti e tre discutevano se dovevano o no fermarsi da Belluss, un uomo che aveva un casolare poco distante dall’argine e vendeva liquori e frutta ai passanti.
— Altro! — diceva il biondino dalle calze rosse, facendo saltare in aria e riprendendo fra le mani una monetina da due centesimi. — Voglio anzi bere l’acquavite.
Arrivati al casolare si fermarono. Adone ricordò d’essere più di una volta entrato là con lo zio, e senza saper perchè seguì i tre scolaretti. I due fratelli comprarono in società un soldo di castagne secche. Il biondino volle a tutti i costi l’acquavite: ma appena l’ebbe assaggiata fece una smorfia e sputò.