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sua felicità, dovea necessariamente esser la prima a subire le conseguenze di un così ingenuo egoismo.

Riconoscendo perciò l’uomo i vantaggi dell’iniziativa, volle vedere la donna, passiva più assai che non l’abbia mai fatta la natura. Avido di dominio e di signoria, imaginò di trovare in lei, bella l’umiltà, e perfino la viltà. Avendo scoperta la superiorità che dà la coltura sull’ignoranza, trovò buona cosa serbare a sè il privilegio dell’intelligenza, e vide nell’ignoranza della donna un vezzo ed un’attrattiva. Amante egli dell’impero e del comando, si figurò che per la donna sia gloria l'ubbidire. Cupido di possesso, si aggiudicò la donna siccome proprietà; e si persuase dovere la buona moglie credersi seriamente cosa del marito; e così via di trotto procedendo, egli trovò d’aversi confezionato un tipo femminile di tutta sua convenienza, e su questo tipo elaborò le leggi, i costumi e l’educazione della donna; e questo è tutto il lavoro che la filosofia compì rispettivamente alla donna in sessanta secoli. Nè potrebbe dirsi certamente che noi calunniamo l’uomo!

Chi non ha letto nell'Ecclesiaste il tipo ideale femminile che si era creato il più savio degli uomini?

Chi non ricorda la condotta che S. Paolo comanda di tenere alla donna (vedi cap. II) della prima epistola a Timoteo; e (cap. II) della prima ai Corinti?

Chi non sorride vedendo Rousseau sollecitarsi che le qualità, i vezzi, e fino le debolezze di Sofia calzino a cappello coi- gusti e la natura d’Emilio?

E perfino fra i moderni filosofi, che pretendono alla fama di novatori, non vediamo noi lo spirito medesimo? Leggo in Auguste Comte che, il co-