Pagina:La Donna e i suoi rapporti sociali.djvu/27

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XXII

Lo Stato fu sempre ed è tuttavia colpevole verso la donna, chè, riconoscendola contribuente, la disconosce cittadina, e punendola delinquente, là nega capace.

La legge non si mostra alla donna che armata di flagelli, gravida di doveri, avara in libertà, feconda in restrizioni; può essa, la donna, far lieti sagrificii ad un paese le cui istituzioni la trattano così ingenerosamente?

Può ella, da senno, credersi obbligata verso una patria, che è per lei triste e dura più che, non è per l’uomo l'esigilo?

Può essa, in cuor suo, rispettar quelle leggi che vede e sente sopra se stessa ingenerose ed ingiuste? Può essa allevare i suoi figli al culto di un paese, ch’ella non ha nessuna ragione di amare? E quando questo paese le cerca il suo oro, i suoi figli e talora persino le sue convinzioni, qàal compenso le promette e le dà? Qual forza, quale argomento adoprerà essa per convincersi del suo dovere, per decidersi a compierlo?

Il dovere, fonte del diritto, è cosa santa ed equa, ma il dovere solo è schiavitù ed opressione.

Tutte le rivoluzioni sociali, politiche, religiose, tutte ebbero, o segreta o palese, sempre però una movenza interessata. Non si accagioni dunque per avventura la danna di strettezza di cuore se chiede il suo diritto.

Ogni lavoro vuol la mercede, ogni martirio vuol la corona; V uomo ha proceduto per questa via al conquisto della sua libertà, non v’ha ragione che ne escluda la donna.

Ed eccomi perciò a considerarla in faccia al diritto parziale ed al Codice Civile Sardo dopò averla guardata in faccia al diritto primitivo ed ingenito, davanti al quale ogni veduta d’interesse, di convenienza, di opportunità, deve tacere, e la