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266 la natura

108Se miran nondimen da qual cagione
Possan tutte le cose esser prodotte,
E quelle più che per l’eteree piagge
111Vedono errar sopra il lor capo, allora
Tornan di nuovo ai pregiudizj antichi,
S’impongon da sè stessi aspri tiranni,
114Credon che questi abbian poter su tutto,
Perchè, miseri, ignorano qual cosa
Nascer possa e qual no, come ciascuna
117Abbia forza finita, e per qual legge
Le sia profondamente un fin prescritto.
     Ma, perchè più in promesse or non s’indugi,
120Osserva il mar da pria, la terra, il cielo:
La lor triplice essenza, i lor tre corpi,
Queste tre forme sì diverse, questi
123Tre sì grandi tessuti, o Memmio, un solo
Giorno dissolverà; questa che tanti
E tanti anni durò macchina enorme
126De l’universo alfin cadrà. Nè ignoto
È al mio pensier quanto parer ti possa
Nova e stupenda mai questa futura
129De la terra e del ciel vasta ruina,
E quanto sia difficile a parole
Convincerti di ciò; sì come avviene
132Quando insolito ver l’aure ti tocca,
Nè sottopor lo puoi degli occhi al senso,
O con le mani palpeggiar, sicura